
Pesce, come sceglierlo per evitare rischi - gustoblog.it
Il consumo di pesce espone a livelli preoccupanti di metilmercurio, soprattutto nei bambini e nelle donne fertili: ecco cosa sapere per proteggersi.
Mangiare pesce fa parte da sempre di una dieta equilibrata, ma non tutti sanno che proprio il pesce è la prima fonte di metilmercurio nella dieta umana. Si tratta di una sostanza tossica che si forma in natura dalla trasformazione del mercurio da parte di batteri presenti nell’acqua. Una volta presente nell’ambiente, il metilmercurio si accumula nei tessuti dei pesci, in particolare nelle specie predatrici, quelle che si trovano ai vertici della catena alimentare. Il Consiglio Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) ha recentemente diffuso un documento di allerta, con dati aggiornati e raccomandazioni precise per le fasce di popolazione più a rischio, come bambini piccoli e donne in età fertile.
Come il metilmercurio entra nella nostra dieta e chi rischia di più
Il metilmercurio ha un effetto diretto sul sistema nervoso. L’esposizione cronica può comportare danni importanti, soprattutto nei soggetti in crescita. I pesci più contaminati sono tonno, pesce spada, verdesca e grandi merluzzi, tutte specie predatrici che assorbono il mercurio presente negli organismi più piccoli di cui si nutrono. Anche se il pesce resta una fonte importante di proteine nobili, omega-3, vitamine e selenio, i rischi non possono più essere ignorati.

Secondo il Total Diet Study italiano, oltre il 50% dei bambini e il 22% degli adulti superano la dose settimanale tollerabile di metilmercurio pur seguendo una dieta “normale”. Nei bambini da uno a tre anni basta una porzione e mezzo di pesce per raggiungere il limite. Tra i tre e i dieci anni, può bastare mezza porzione. Le donne in età fertile superano la soglia settimanale già con 0,7 porzioni.
Il rischio non riguarda solo le quantità ma anche la scarsa varietà. Un’indagine dell’ISNART ha rivelato che quasi la metà degli italiani mangia pesce una sola volta a settimana, scegliendo quasi sempre le stesse specie: merluzzo, sogliola, gamberi, salmone, orata, spigola, pesce spada e cozze. Questo comportamento alimentare ripetitivo, apparentemente corretto, può risultare dannoso se basato su specie ad alto contenuto di contaminanti.
Le raccomandazioni del CNSA per consumare pesce in modo più sicuro
Il CNSA ha stilato una serie di indicazioni concrete per limitare l’esposizione al metilmercurio, senza rinunciare ai benefici del pesce. Prima di tutto, è fondamentale ridurre il consumo delle specie predatrici. Tonno fresco, pesce spada e verdesca non dovrebbero essere consumati più di una volta a settimana. Per il tonno in scatola, il limite massimo indicato è due porzioni settimanali.
Meglio orientarsi verso pesci di piccola taglia, con livelli più bassi di metilmercurio e un contenuto ancora buono di omega-3. Tra questi, il CNSA suggerisce sgombro, aringa, trota e salmone, preferibilmente provenienti da allevamenti con mangimi vegetali, che riducono ulteriormente la presenza di sostanze nocive.
Un altro aspetto chiave è diversificare il più possibile le specie consumate, evitando di affidarsi sempre agli stessi prodotti. La provenienza è un elemento da tenere in considerazione: il pesce locale o d’allevamento controllato rappresenta una scelta più prudente rispetto a quello pescato in zone ad alto rischio ambientale.
Il vero problema, segnalato dallo stesso CNSA, è la mancanza di informazioni chiare al consumatore. La promozione generica del pesce come alimento sano non basta più: servono indicazioni specifiche su quali pesci preferire e quali evitare, soprattutto per le categorie fragili.
A oggi, molti italiani continuano a mangiare troppo poco pesce, e spesso scelgono quello sbagliato. Un’informazione più precisa, costruita su base scientifica, può aiutare famiglie e singoli a fare scelte alimentari più sicure, bilanciando benefici nutrizionali e rischio chimico. In attesa di normative più rigide o etichette più trasparenti, è la conoscenza individuale a fare la differenza.