
Malattie da scrivania, non solo mal di schiena: la lista shock delle patologie - gustoblog.it
Chi lavora molte ore al computer rischia disturbi a vista e postura. Ecco le patologie riconosciute come invalidanti e le tutele INAIL e INPS previste dalla legge.
Il lavoro al computer è ormai parte integrante della vita di milioni di persone, ma il tempo prolungato davanti agli schermi può provocare conseguenze serie. Non si tratta solo di stanchezza o bruciore agli occhi: negli ultimi anni si è registrato un aumento delle cosiddette patologie hi-tech, un insieme di disturbi che colpiscono vista, articolazioni, postura e perfino la sfera psicologica.
Il legislatore ha individuato una categoria precisa, quella dei video-terminalisti (VDT), cioè chi passa almeno 20 ore settimanali davanti a uno schermo. Una figura sempre più comune negli uffici, nelle università e nei luoghi di smart working, ma spesso sottovalutata per quanto riguarda prevenzione e tutela della salute.
I disturbi legati al lavoro al videoterminale
I sintomi più frequenti segnalati dai lavoratori sono mal di testa, rigidità al collo, dolori a spalle e mani, oltre ai disturbi visivi come bruciore, secchezza, fastidio alla luce o visione annebbiata. L’uso intenso del videoterminale costringe gli occhi a uno sforzo continuo, aggravato da condizioni ambientali sfavorevoli: illuminazione sbagliata, riflessi sullo schermo, aria troppo secca o fredda, cattiva regolazione di contrasto e luminosità.
Non mancano le conseguenze muscolo-scheletriche. Una postazione non ergonomica e posizioni statiche mantenute per ore portano a lombalgie, cervicalgie, tunnel carpale e tendiniti. Problemi che non restano episodi temporanei ma che, se trascurati, rischiano di diventare cronici e invalidanti.

Anche la sfera mentale è coinvolta. Lo stress accumulato, la pressione dei ritmi di lavoro e l’impegno visivo continuo possono provocare affaticamento, cali di concentrazione e ansia. In sostanza, il lavoro davanti allo schermo non pesa solo sugli occhi e sul corpo, ma investe l’intero equilibrio psicofisico della persona.
Per questo il D.Lgs. n. 81/2008 ha inserito precise norme di prevenzione: valutazione dei rischi, pause obbligatorie di almeno 15 minuti ogni due ore, ergonomia delle postazioni e sorveglianza sanitaria. La legge prevede anche la fornitura, quando necessaria, di occhiali specifici per VDT, oltre a requisiti minimi per sedia, tastiera, schermo e piano di lavoro. Il datore di lavoro è quindi obbligato non solo a garantire strumenti idonei ma anche visite mediche periodiche per monitorare la vista e l’apparato muscolo-scheletrico dei dipendenti.
Invalidità e tutele assicurative e previdenziali
Quando i disturbi diventano cronici, possono aprire la strada a diverse forme di tutela. Dal punto di vista assicurativo, se esiste un nesso causale tra la patologia e l’attività lavorativa, l’INAIL riconosce copertura per malattie professionali come tunnel carpale, tendiniti e neuropatie. In sede civile, patologie come lombalgie, cervicalgie e disturbi psicologici collegati al lavoro d’ufficio possono dare diritto a un riconoscimento di invalidità, purché documentate con esami clinici secondo quanto previsto dal D.M. 5 febbraio 1992.
Dal punto di vista previdenziale, se la capacità lavorativa si riduce a meno di un terzo, è possibile richiedere l’Assegno ordinario di invalidità (AOI) presso l’INPS, in base alla legge 222 del 1984. In questi casi è indispensabile la valutazione medico-legale, che accerta la gravità e l’impatto della patologia.
Per i lavoratori al videoterminale, dunque, esistono tre livelli di tutela: la prevenzione con misure organizzative imposte al datore di lavoro, la copertura INAIL per i casi connessi direttamente all’attività, e le valutazioni INPS per le forme più gravi che limitano in modo permanente la capacità di lavorare.
Chi soffre di questi disturbi deve quindi muoversi con metodo: raccogliere la documentazione medica, chiedere al medico competente indicazioni scritte, domandare gli adattamenti della postazione previsti dal D.Lgs. 81/2008 e, se necessario, rivolgersi a un patronato per avviare la procedura di tutela. Solo così è possibile trasformare un disagio quotidiano in un percorso riconosciuto che garantisce supporto e protezione.