Certamente i primi piatti come la carbonara e l’amatriciana sono più conosciuti, ma la cucina romana non è solo questo e il cinema se n’è accorto da molto tempo. Cercando cercando, infatti, ho scoperto che i piatti della capitale sono i primi a essere stati rappresentati sul grande schermo, complice il Neorealismo che spopolava e anche molte interpretazioni di grandi come Aldo Fabrizi che in molti dei suoi film appariva a tavola, complice forse anche la passione per la ristorazione condivisa con la sora Lella.

Ed è così che frittate, trippa e coratella, pollo coi peperoni e carciofi ma soprattutto la pasta – gli spaghetti, sovrani incontrastati del pranzo e della cena di una volta – iniziano a fare capolino dai piatti e a spuntare tra un’inquadratura e l’altra, spesso rappresentando opulenza, qualche volta umiltà, più raramente disperazione. Ma ora basta chiacchiere, perché a parlare devono essere loro: i film, ma soprattutto i piatti…

Un Americano a Roma

Non si può non partire dalla mitologica scena della lotta ingaggiata tra Alberto Sordi, alias il trasteverino Nando, e un maccherone al sugo. Nando, infatti, è sì fissato con gli Usa dello zio Sam, terra promessa più vagheggiata che cercata, ma quando si tratta di mettersi a tavola non c’è confronto e un bel piatto di pasta valgono più di mille hambuger.

I soliti ignoti

Quando si dice che un piatto di pasta e ceci è irresistibile! In questo capolavoro di Monicelli la banda di ladri protagonista addirittura rischia di farsi catturare pur di divorarla dopo averla trovata nella casa che stavano per derubare. Siamo in pieno Neoralismo e quindi in maniera realistica devono essere rappresentate sul grande schermo anche la miseria, la disperazione e, ahimè, la fame.

Le ragazze di piazza di Spagna

Restiamo negli anni Cinquanta, ma quelli delle speranze dei giovani che scalpitano per emanciparsi. È così la vita di Marisa, Elena e Lucia che ogni giorno scappano dalle borgate per andare a lavorare in centro. Ma quando scatta l’orario di chiusura, le saracinesche calano e le luci del glamour si spengono, ad aspettarle a casa ci sono… i fagioli con le cotiche! Un piatto forse poco raffinato, ma certamente saporito.

La grande abbuffata

Facciamo un salto negli anni Settanta. La fame vissuta durante la guerra è ormai un ricordo scolorito; di cibo ce n’è, anzi, pure troppo, tanto è vero che viene scelto come strumento di suicidio da quattro amici alle cui vite non manca nulla se non il brivido e la voglia di viverle. Tra i tanti piatti che mangeranno fino a morire ci sono le romanissime penne all’arrabbiata che se cucinate con tutti i crismi fanno… resuscitare i morti.

Il conte Tacchia

Nobili e popolani non sono poi così diversi: l’importante è il bene che si fa nella vita. Lo impara a sue spese il falegname Checco, soprannominato “conte Tacchia” per la sua bramosia di blasone, eppure il principe Terenzi glielo aveva sempre detto. Sarà proprio abbracciato al padre di Checco che questi morirà dopo aver mangiato insieme, ricco e povero, l’ennesimo piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino. A tavola, in fondo, siamo tutti uguali.

La cena

Questo film di Ettore Scola si ambienta in un ristorante di Roma dove, sotto gli occhi attenti della padrona, cenano diverse persone, alle prese con diverse situazioni e intente in diverse conversazioni. Tutto si svolge in un’unità di tempo e spazio, quello della sala del ristorante, come tutte insieme si friggono le verdure nel tipico fritto alla romana.

Il pranzo della domenica

La famiglia romana media di una volta, quando si riuniva intorno alla tavola ben apparecchiata (prima della pastarelle di rito) mangiava gli gnocchi alla romana, cioè quelli non fatti con le patate bensì con il semolino. Lo ricorda Vanzina della sua infanzia e lo traspone in questo film dove una madre dispotica obbliga le figlie ormai sposate e riprodotte a mangiare da lei ogni domenica a pranzo. La routine si rompe quando lei si rompe (un femore) ma a rompersi sarà soprattutto l’equilibrio…

Habemus Papam

Quando si è una persona in vista – come il Papa – anche i piccoli piaceri della vita semplice come fare colazione al bar con un bombolone alla crema (italianizzazione delle ‘bombe’) sono preclusi. Figuriamoci, poi, uscire alla ricerca del “cappuccino perfetto” per consistenza e cremosità a conclave aperto, come volevano fare i cardinali australiani sgridati dal camerlengo. Il geniale film di Nanni Moretti, quasi profetico delle dimissioni di Ratzinger, inserisce in un contesto davvero originale i temi del senso d’inadeguatezza, profondamente umano, che chiunque, prima o poi, si trova a provare nella vita.

Saturno contro

Si sbocconcellano crocchette di patate, alle interminabili e piacevolissime cene dove si ritrovano un gruppo di amici quarantenni a raccontarsi le proprie vite, prima che queste vengano sconvolte dall’improvvisa e prematura morte di uno di loro. Nulla sarà più lo stesso, ma forse il contatto con una realtà crudele e inaspettata li riporterà a vivere.

Immaturi

Questo film è la concretizzazione del nostro incubo peggiore: dover rifare l’esame di maturità; ancor peggio, poi, se tocca rimettersi sui libri a 20 anni di distanza! Per la classe protagonista di questo film, però, sarà un’esperienza entusiasmante e davanti a un piatto di amatriciana si diranno quanto sono felici di essersi ritrovati. Ma l’amatriciana fa anche scoccare l’amore tra la chef Francesca e un suo allievo…

Sacro Gra

Il cacciatore di anguille è uno dei personaggi che popolano le periferie romane che si affacciano sul Grande raccordo anulare. Le ‘ciriole’, infatti, quando l’inquinamento era ancora di là da venire, si pescavano nel Tevere ed erano uno dei piatti più prelibati della tradizione locale, cucinate con il pomodoro e i piselli.

Foto | su-lin

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ultimo aggiornamento: 16-01-2015