Intervista al presidente dell’unione dei produttori di Mercurey.
Riprendiamo da dove abbiamo lasciato, con un’intervista a Mr Cinquin, produttore, mongolfierista, ma soprattutto presidente dei produttori di Mercurey.
La prima domanda che le porgo è inerente alla prossima apertura di una cantina collettiva. Quali sono le ragioni che vi hanno portato a sviluppare questo progetto e cosa intendete per collettiva? – Collettiva significa che nella stessa cantina sarà possibile trovare più vini di differenti viticoltori, un po’ come in un’enoteca, ma saranno solo quelli dell’appellazione e dei produttori che fanno parte di questo progetto. Le ragioni sono principalmente per far conoscere l’appellazione, per essere un punto di riferimento e allo stesso tempo avere una vetrina comune dove esporre, far degustare e conoscere i vini di Mercurey.
Il suolo che c’è a Mercurey è molto simile per formazione geologica a quello della Côte d’Or. E’ il clima che gioca un ruolo fondamentale nella caratterizzazione del vino o è pressoché lo stesso? – Il clima in effetti è un po’ più caldo, più temperato, ma il suolo, anche se molto simile, ha ancora un ruolo determinante per via delle faglie che qui ci sono state in epoca terziaria e che quindi differenziano e caratterizzano il pinot nero e lo chardonnay.
Un pinot nero di Mercurey è allora qualitativamente migliore o peggiore di un vicino Pommard per esempio? – Si esprime differentemente, è più fruttato e gioca sulla finezza che non sul corpo e la struttura dei suoi vicini.
Come spiega la ragione di una minore popolarità della più grande appellazione borghignona, rispetto alle altre della Côte d’Or? – Beh è soprattutto una questione di posizione geografica e anche storica: la Côte d’Or produce da sempre vini più importanti e famosi. Posso però affermare che siamo l’appellazione più conosciuta della Côte Chalonnaise e che negli ultimi vent’anni la qualità è cresiuta moltissimo.
E il non aver dei Gran Crus può contribuire a mettervi un po’ in penombra? – Effettivamente può essere un elemento che contribuisce al successo di altre denominazioni.
Pensa che Mercurey ha dei buoni terroirs, tali da poter essere classificati come Grand Crus o pensa che la vecchia classificazione ha ancora ragione di esistere? – Non sta a me giudicare la classificazione, ci sono organismi appositamente costituiti a questo scopo. Ad ogni modo, anche se Mercurey ne avesse, non è solamente una questione di terroir, ma anche di storia e tradizione.
In questo periodo di crisi la vendita dei vini dell’appellazione ne ha risentito? – In realtà è un po’ aumentata: spuntiamo il miglior rapporto qualità/prezzo, e chi prima comprava pinot nero altrove, ora si rivolge a noi per avere una buona qualità, ma ad un prezzo minore.
Qual’è la previsione per quest’anno? Un consiglio per delle buone annate a Mercurey? – Beh in vigna non abbiamo avuto muffe e la qualità è buona, anche se il rendimento sarà minore. Consiglierei il 2009 e il 2005 come ottimi millesimi.
Qualche riflessione o speranza per il futuro? – La speranza è quella di comunicare e far conoscere il nostro vino.
Forza e debolezza dell’appellazione? – La diversità nella nostra appellazione è sia una forza sia una debolezza, nel senso che non possiamo presentarci con un unico prodotto, e quindi è più difficile valorizzare le nostre differenze, in un mercato che oggi vuole soprattutto un prodotto facilmente riconoscibile. Allo stesso tempo, l’essere eterogenei ci permette di soddisfare differenti i gusti.
E il mondo dovrebbe cominciare a mangiare meglio.
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